Obesità e sovrappeso sono malattie. No alla “body positivity” utilizzata dalla pubblicità

(NB: questo testo è la versione integrale del testo pubblicato su Il Fatto Alimentare il cui autore ed editore —Roberto La Pira— mi ha autorizzato a riportarlo Obesità e sovrappeso sono malattie, no alla body positivity della pubblicità (ilfattoalimentare.it) )

La pubblicità di marchi famosi, soprattutto americani e nord europei, da qualche tempo utilizza come riferimento modelle ‘curvy’ che strizzano l’occhio al pubblico sempre più vasto delle donne (ma anche uomini) affetti da sovrappeso o obesità. Si tratta di astute campagne di marketing che fanno leva sulla body positivity (linea di pensiero contrario alle critiche basate sul giudizio del corpo, che promuove l’accettazione di tutti gli aspetti fisici a prescindere da taglia, forma, colore della pelle, genere). “Questi messaggi confondono le persone (dichiara Massimo Volpe, presidente di Siprec – Società italiana di prevenzione cardiovascolare), i chili di troppo quando configurano ‘sovrappeso’ o ‘obesità’, vanno considerati una malattia vera e propria, oltre che un importante fattore di rischio per tante altre patologie, da quelle cardio-metaboliche, ai tumori, a quelle osteo-articolari. Valorizzare la body positivity e condannare il body shaming (derisione del corpo o della persona per il suo aspetto fisico) è sacrosanto, quando l’intento è quello della ‘inclusività’ e della guerra alla discriminazione del ‘diverso’. Per nessuna ragione si deve far passare il messaggio che l’obesità vada considerata come una condizione ‘normale’, addirittura alternativa alla magrezza eccessiva o al normopeso. L’obesità è una patologia cronica, una malattia di per sé che potenzia e si tira dietro una serie di altri fattori di rischio, dall’ipertensione, alle dislipidemie, al diabete, contribuendo attivamente ad aprire la strada a molte altre malattie. L’obesità e il sovrappeso vanno affrontate e trattate già nei bambini e negli adolescenti, senza perdere tempo (Siprec ha pubblicato nel 2022 un documento di oltre 100 pagine “Obesità: da amplificatore di rischio a malattia cronica”). Bisogna entrare nell’ordine di idee che non solo l’obesità, ma anche il sovrappeso fa male. Guai dunque a far passare il messaggio che qualche chilo di troppo è accettabile. Meno che mai pensare che l’obesità sia una condizione ‘normale’. Invitiamo dunque le mamme a non pensare che un figlio un po’ in sovrappeso scoppi di salute, mentre quello magrolino sia fragile e predisposto alle malattie. È come pensare che avere un po’ di pressione alta o un po’di colesterolo faccia bene. Dobbiamo al contrario combattere con fermezza queste condizioni, intervenendo sullo stile di vita con una dieta personalizzata, ricorrendo se necessario anche ad un supporto psicologico e utilizzando tutti i mezzi terapeutici oggi a disposizione. Purtroppo molto spesso sono gli stessi medici e i cardiologi a non affrontare il problema. Bene dunque continuare a combattere il body shaming, cioè la marginalizzazione o peggio l’irridere il soggetto obeso, senza però cadere nella trappola del concetto di body positivity, suggerita da alcune pubblicità e dai social.

Corretto combattere il body shaming senza però cadere nella trappola del concetto di body positivity, suggerita da alcune pubblicità e dai social. Il Global burden of disease (Gbd) Obesity Collaborations nel 2017 ha stimato che la popolazione mondiale degli adulti obesi ha superato ormai i 600 milioni, con un clamoroso raddoppio di prevalenza in 35 anni (dal 1980 al 2015). Dei 4 milioni di decessi associati ogni anno all’obesità, almeno i due terzi sono dovuti a malattie cardiovascolari. Una relazione pericolosa dunque quella tra obesità e malattie cardiovascolari (soprattutto infarti) che si esprime attraverso l’amplificazione di una serie di fattori di rischio tradizionali. In Italia, secondo dati dell’Istituto superiore di sanità, un adulto su 10 è obeso e tre su 10 sono in sovrappeso. Le Regioni dove si registra il maggior sovrappeso sono Puglia e Campania; quelle con il maggior numero di obesi sono invece Calabria e Campania. Nel 2019 i bambini italiani in sovrappeso erano il 20,4% e gli obesi il 9,4%. Nella Regione Europea dell’Oms, l’Italia è al primo posto per obesità e sovrappeso nella fascia d’età 5-9 anni. Il ruolo dell’obesità come fattore di rischio cardiovascolare indipendente non va sottostimato e derubricato a fattore di rischio ‘minore’, perché al contrario il peso è un protagonista assoluto del nostro stato di salute o di malattia. Bene ha fatto dunque la Commissione Europea a riconoscere l’obesità (marzo 2021) come malattia cronica recidivante.

Pietro Greppi

ethic advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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