È UTILISSIMA, MA È USATA MALISSIMO. COS’È?
La pubblicità! È utilissima, ma sarebbe meglio dire che lo sarebbe. Potrebbe esserlo addirittura ben oltre la sua banale e ovvia funzione commerciale che, ad esser sinceri, ci vuole poco a soddisfare. Sarebbe utilissima se anziché essere un lavoro mitizzato venisse affrontata seriamente, ossia con molte meno mire di spettacolarizzazione di quel nulla che nulla lascia dietro di sé. Sarebbe utilissima se selezionasse i suoi “abitanti” pagandoli onestamente e provando più interesse per la loro resa sul piano umanista. I numeri che la caratterizzano non sono più -da tempo- quelli dell’intrattenimento serale del famoso Carosello (di cui ancora molti ricordano, a volte anche a memoria, i siparietti), ma il suo sviluppo quantitativo non è stato accompagnato da quello qualitativo, anche perché nessuno (o ben pochi) si è dato la pena di riflettere sull’opportunità di creare, suo tramite, un valore che sia socialmente utile aggiunto all’opportunità di mera vendita. Il concetto di qualità della comunicazione appare molto vago, soggettivo e parametrato su questioni più tecnologiche che altro. Sarebbe necessaria una rivoluzione interna al sistema della comunicazione. Non credo sarebbe fonte di drammi, perché basterebbe che, le persone che oggi dedicano sé stesse alle produzioni delle attuali campagne, parlassero di più e con meno timor reverenziale con i loro clienti e che i clienti si mettessero in ascolto anziché considerare le loro idee come parte insindacabile del budget assegnato, affinché si potesse realizzare qualcosa che li renda concretamente memorabili per fatti che generino cose utili, che restano e di cui essere orgogliosi. Se anziché impegnare eserciti di persone per realizzare spettacoli discutibili, scenette demenziali, pseudo film e, in generale, spot che ormai si assomigliano tutti e spesso fan più parlare di sé che del prodotto. Se in sostanza, invece di questo, le aziende e le agenzie incaricate sapessero immaginare di trasmettere segnali capaci di contagiare il pubblico, usando anche gli stessi spazi di oggi, ma collocati diversamente o con logiche diverse, con stimoli, guide, indicazioni, suggerimenti ed esempi che potessero formare consapevolezze e responsabilità individuali e socialmente utili … o fornire servizi davvero utili scegliendo fra quelli di cui davvero esiste una carenza, ecco che, usata così, la pubblicità diventerebbe utile sia alla reputazione delle aziende che all’apprezzamento dei suoi prodotti e alla formazione di tutte le persone coinvolte. Facendo così entrerebbe finalmente in competizione positiva con la scuola sommando la sua influenza a quella della formazione classica, di cui è oggi invece antagonista essendo molto più seducente e soprattutto più presente nella vita delle persone di quanto il sistema formativo nazionale sia capace di fare. Impegnarsi in questo migliorerebbe anche la qualità delle persone che ci lavorano che oggi, tranne qualche rara eccezione, dimostrano un vuoto d’intenti probabilmente causato dal fatto di essere sotto pressione per fare soldi e produrre “qualcosa di creativo” senza che ci sia una progettualità da appoggiare al mondo reale, che non è certo quella di inventarsi contesti, ambientazioni, storie e gag irreali. Se fai il creativo per il mondo dello spettacolo è un conto, ma se lo fai per costruire forzatamente finte storie intorno a prodotti che poi neppure sono degni dell’ambientazione spesso “over promise” che hai ideato … a lungo andare, se sei una persona intelligente, la cosa non può che diventare mortificante e dovresti sensatamente arrivare a chiederti se quello che stai facendo ha un senso e a cosa serve veramente. Con la scusa della continua richiesta di una creatività sempre “nuova” è come se ci fosse una costante insoddisfazione di quanto il giorno prima invece era considerato il massimo. Viene tutto rifatto daccapo a cicli continui che lasciano il vuoto e generano sprechi. Ripensare la comunicazione dovrebbe essere un impegno di sistema e non l’iniziativa di quelle che altrimenti verrebbero definite schegge impazzite. Basterebbe che al prossimo congresso, convegno, forum, meeting, festival … o quel che è … ci fosse qualcuno degli attuali personaggi in vista che stimolasse l’avvio della rivoluzione della comunicazione. Non so voi, ma io alcune idee ce l’ho.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis
Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it