L’IDEA C’È GIÀ, SEMPRE, ED È IL PRODOTTO!
Le abilità dei “professionisti”, nel mondo della comunicazione commerciale, sono evidenti. Sono spesso, però, abilità soprattutto tecniche, evidenziate dalla capacità di sfruttare al massimo i nuovi strumenti che la tecnologia mette a disposizione per produrre contenuti multisensoriali. Abilità che i loro committenti pagano care nonostante siano raramente connesse a quelle funzioni di base, che la comunicazione deve avere, di essere utili al prodotto cui fanno riferimento. Sembra strano che possa accadere, eppure si verifica di frequente – per chi osserva con spirito critico o autocritico – che la supposta creatività venga confusa con la capacità di realizzare un bello spot a prescindere dal prodotto. Essere in grado di maneggiare uno strumento che agisce nel virtuale oggi ti consente di realizzare film bellissimi. Ma il mondo della comunicazione commerciale, pur se popolato da registi e sceneggiatori, non è il cinema. Al cinema si paga per assistere ad una storia che faccia ridere, emozioni, etc. Il fatto che la pubblicità produca film gratuitamente (?) non giustifica il fatto che questa dia luogo di fatto ad uno spreco di intelligenze e di risorse. Produrre un micro film è una cosa, ma produrlo in modo che lasci un segno collegato alla marca per cui è stato pensato è un’altra.
Ma succede anche altro e di altro segno: spesso l’impegno professionale di chi opera nella comunicazione produce un risultato talmente “di effetto” da aumentare a tal punto la percezione delle qualità effettive del prodotto per cui è stato pensato, che “l’effetto desiderato” si ripercuote negativamente sul prodotto che nei fatti risulta non rispondere alle aspettative. Questo accade ormai a tutti i livelli: dalla multinazionale che imperversa su ogni media con budget multimilionari, fino alla fiera di paese che investe pochi euro per dire quanto è bello far la spesa al mercato fra le bancarelle.
Se le storie che certi creativi raccontano, o semplicemente illustrano, ottengono di rendere il prodotto o l’avvenimento interessante al punto da indurti a comprarlo o a visitarlo, è allora che si compie la verifica del mantenimento delle promesse.
“Gustare” un biscotto, “assaporare” una bibita, “vivere” un’auto, “indossare” un profumo, “dire addio” alla vecchiaia o a qualunque altro fatto ineluttabile della vita, … sono tutti artifici che maldestramente cercano di ingannare la percezione reale di coloro che ingenuamente tendono a dare fiducia a certe affermazioni solo perché le trovano scritte, affisse, trasmesse … Le menti semplici e poco attrezzate credono (o vogliono credere) che ci sia sempre buona fede, correttezza, verità, onestà in ogni comunicazione pubblicata. Non è così – ma ci sono sempre delle eccezioni – neppure in ambito politico, figuriamoci in quello commerciale. Ormai le vere differenze fra un prodotto e un altro sono le confezioni, il modo con cui vengono progettate e il prezzo. Guardate l’acqua che è un non prodotto. Viene semplicemente imbottigliata ed è quindi sulla bottiglia che oggi si gioca tutto: la forma, la dimensione, la portabilità, la praticità e le occasioni di utilizzo … e il prezzo. E le auto … che hanno perso ogni “personalità originaria” e si assomigliano tutte, anche quelle che un tempo le riconoscevi proprio dalla forma. Ogni prodotto oggi ha pochi “creatori” industriali che ben contenti accettano di applicare etichette diverse a prodotti uguali, lasciando ai creativi di oggi il compito di ideare artificialmente le supposte differenze narrate nelle campagne. Non è un dogma che per farsi conoscere sia necessario coinvolgere nugoli di creativi per sfornare “idee”. L’idea c’è già, sempre, ed è il prodotto, che è il frutto di persone la cui creatività è tangibile. Tutto il resto sono tentativi di darsi un tono, affermando sedicentemente la superiorità della propria discutibile creatività sul prodotto, di illusionisti professionisti che, loro sì, alla costante caccia di premi “auto inflitti” sono riusciti a posizionare sé stessi usando le aziende. È il momento di rivedere la funzione di chi oggi intermedia fra aziende e consumatori affinché le risorse impiegate trovino strade alternative, ma non per produrre “film diversi”, bensì per restituire la ricchezza generata dalla circolazione dei consumi in modo che questa venga distribuita più capillarmente.
Pietro Greppi
ethical advisor e fondatore di Scarp de tenis
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