(A)proposito

copywriter

Giuro che mi ero ripromesso di non rompere più i ‘cosiddetti’ dei lettori di Pubblico con commenti critici sul secondo mestiere più vecchio del mondo. Sentivo il pericolo di incorrere nel vizio odioso dei vecchi che ripetono: “Eh, che belli i tempi miei…”. Molto meglio tenersi sul generico.

Del resto, questo globo rugoso intontito per overdose di tecnologie offre un mucchio di spunti per chi vuole stordire il cervello degli inermi lettori con le proprie opinioni. Poi leggo il pezzo di Ricky (Robiglio) sugli ‘young lions’ e, come tutti quelli che un bel giorno decidono di smettere con il vizio del fumo, mi sono detto: “Ok, questi sono gli ultimi due tiri e poi stop!”.

Premesso comunque che non ho intenzione di prendere le difese di quelli che R.R. definisce ‘i nostri giovinotti’ privi di estro e di senso estetico; e che credo di poter condividere un bel po’ delle cose che lui dice nel suo più che godibile sfogo, ritengo eccessivo unire tutte le erbe in un solo covone.

Che nel portfolio di molti neo-professionisti il peso dell’erudizione risulti very light (molto leggero) è sotto gli occhi di tutti. Ci sono copy (non solo junior) che non conoscono gli ‘Esercizi di stile’ di quello scrittore bretone di cui mi sfugge il nome; e ci sono tv-producer che se mettono piede sul set per suggerire di stringere lo zoom sul prodotto, registi e tecnici gli dicono gentilmente di togliersi di mezzo.

Tutto ciò premesso penso che il bordello ignobile (Robiglio lo descrive con furore mistico) non può essere visto come un fenomeno sorto così, come lo scherzo di un dio scortese. È molto peggio: è il cinico destino di ‘giovinotti’ e ‘giovinotte’ che piovono ogni giorno nelle metropoli cool con l’obiettivo di mettere insieme quel poco che serve per un  letto in comune e un pinzimonio scondito. Un posto fisso è il sogno comune. Spediscono il curriculum ovunque. Le risposte sono poche, le offerte meschine, le proposte equivoche.

“Sei buono di scrivere, si?”, “Lo usi il computer, si?”, “Conosci l’inglese, si?”, “Qui un copy ci servirebbe”. Bingo! “Mi scusi, e lo stipendio?”, “Cominci con trecento euro poi si vede, se funzioni potrebbe crescere”. “Sono tempi duri, o così o pomì!”, “Ok, scelgo il così!”. Finito il colloquio il giovinotto che esce è contento: il job è troppo figo e trecento euro sono meglio di niente. Lui se ne fotte se in giro c’è un tizio pignolo che decide di prenderlo per il culo solo perché non gli è venuto in mente di scrivere un testo né lungo né corto, né bello né brutto, privo di “a”.

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