L’INTERRUZIONE? UN BLOCCO DA RIPENSARE

Tutto ciò che facciamo dipende dalla nostra formazione, dalla cultura che abbiamo assimilato vivendo in una comunità -grande o piccola che la si voglia considerare- che ci ha plasmato in quel che nei fatti siamo diventati. Viviamo metaforicamente in una specie di diagramma di flusso (flow-chart per chi ama l’inglese, algoritmo per chi ama il digitale) in costante divenire, le cui ramificazioni si sono talmente dilatate da renderne difficile la visione d’insieme. Un flusso di azioni, reazioni e scelte che ogni giorno si ripete o si modifica. A volte a nostra cura, a volte a cura di altri. Se immaginiamo di mettere tutto su una grande lavagna (una di quelle proprio fatte di lavagna, su cui scrivi con il gesso e cancelli con il cancellino … è un mio sfizio) in modo che racconti e illustri il nostro progresso in senso lato … mi chiedo in quale blocco del diagramma inerente l’advertising, e a cura di chi, è successo che si sia inserita la funzione dove la pubblicità è stata elevata all’ennesima potenza, in frequenza e in presenza, facendola diventare, ovunque si manifesta, qualcosa che è ormai sinonimo di interruzione … che non è positivo. Un fenomeno che sembra accecare chi si nutre dei suoi effetti, cioè tutti i componenti della filiera che genera la comunicazione commerciale, che non sembrano disposti a tener conto di chi il fenomeno lo “subisce”: il consumatore finale, colui cioè che giustifica l’esistenza di migliaia di aziende. Accecati dal riverbero del denaro, sembra che ormai nessuno nella filiera sia più interessato al rispetto se non del minutaggio o della copertura di spazi sempre più ampi con contenuti peraltro discutibili. La pubblicità, che in sé non rappresenta altro che la manifestazione di esistenza in vita di un’azienda o di un suo prodotto, viene “pianificata” in ogni dove … basta che sia “luogo di passaggio”. Si assiste così all’occupazione aggressiva, non c’è altro termine per definirla a meno di usare il termine inquinamento, dello spazio visivo dinamico (la tv), dinamico su ruota (bus e mezzi in genere), statico (le affissioni), etc. applicando strategie miopi. Strategie (vengono chiamate così) attraverso le quali, dopo “attenti studi”, i pianificatori (aziende, media e agenzie concordemente) desumono sia utile interrompere, un qualunque programma e qualunque paesaggio, con gli spot o i “cartelloni” decidendo di farlo il più spesso e il più a lungo possibile! E nessuno che si metta nei panni di chi quel programma o quel paesaggio sta seguendolo o osservandolo. Per una logica perversa, queste scelte sono governate da menti che trovano strategico darti fastidio, interromperti, toglierti la serenità e la visuale solo perché quello è il momento o il luogo dove sanno di trovarti attento. Che geni! Viene davvero la curiosità di scoprire quando e in quale blocco del “nostro” diagramma di flusso è stata inserita questa funzione.

Usando il pensiero laterale non si può fare a meno di osservare che queste logiche attribuiscono un valore positivo ad un comportamento maleducato che non mi stupirei essere l’origine (o la conseguenza chi lo sa) della scarsa qualità dei rapporti fra le persone, del degrado generale che – basta guardarsi intorno- si è fatto largo soprattutto in questi ultimi anni. Naturalmente ci sono anche persone educate e intelligenti, ma fai fatica a trovarle e non è di loro che intendo parlare. Essere presenti ad ogni costo e in ogni luogo potrà anche essere motivo di soddisfazione per alcuni disposti a pagare per farlo, ma sono davvero sicuri costoro di non essere diventati un po’ tossici? Questo diagramma di flusso va ripercorso all’indietro, va scovato il blocco che contiene l’algoritmo che reitera comportamenti idioti e antieconomici e va ridefinita la formula di comportamento in comunicazione, approfittando magari del fatto che da qualche tempo stanno diffondendosi convegni sull’importanza della gentilezza anche nel business. Quindi lancerei un invito: tutti alla lavagna per correggere alcuni blocchi del diagramma, armati di gessetto, ma soprattutto di cancellino e di buonsenso.           

Pietro Greppi

Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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