Industria radiotv: l’Europa un treno da non perdere
L’industria radiotelevisiva può essere motore di sviluppo per l’Italia e per l’Europa? Su questa tema si è dibattuto ieri a Roma, durante l’assemblea generale di Confindustria radio televisioni. L’associazione di categoria è nata esattamente un anno fa e si è «sviluppata oltre misura», come ha detto il presidente Rodolfo De Laurentiis: «copre il 90% del mercato con 30mila addetti diretti e altrettanti nell’indotto. Dopo un anno – ha affermato De Laurentiis – siamo qui non solo per affrontare e vincere la sfida delle crisi economica, ma anche per la necessità di fare sistema». Nel 2013 i ricavi del comparto sono stati di 9,2 miliardi di euro. I numeri ribadiscono la centralità del mezzo radio televisivo. La radio incontra il favore del 57% degli italiani outdoor e 192 sono i canali certificati da Auditel e 33 gli editori di riferimento. Ma, se si considerano anche quelli non pubblicati, si sale a 300 canali e 50 editori. Ma qual è lo stato di salute della tv? «Si sta vivendo una crisi forte – ha sostenuto il presidente – ma i due miliardi di investimenti su nuove produzioni sono un segno tangibile di una reazione». Anche se si tratta di un mondo segnato dalla crisi, le opportunità sono molteplici. «Per una competizione sana – ha aggiunto De Laurentiis – bisogna eliminare distorsioni che pesano solo su una parte del mercato». La concorrenza dei player tecnologici è stata uno dei temi fondamentali dell’assemblea. «Di noi – è intervenuto Fedele Confalonieri, presidente Mediaset – si è detto che eravamo corsari, ma, permettetemi, almeno eravamo corsari che pagavano i diritti. In questo senso si tratta di concorrenza sleale, che non lascia nulla in termini occupazionali e fiscali». La sfida europea, con l’imminente presa in carica della presidenza da parte dell’Italia, è un treno da non perdere. Nuovi parametri e chiavi d’accesso ai contenuti, fiscalità equa sul web e tutela del diritto d’autore online, sono alcuni punti importanti che devono trovare una soluzione. Dopodiché i motori di sviluppo possono essere diversi. «La pay tv – ha precisato Eric Gerritsen, evp communication & pa Sky Italia – è un’opportunità e può contribuire alla crescita di contenuti e alla creazione di lavoro. Noi non siamo più solo un operatore satelittare ci siamo orientati verso varie tecnologie». «La rete generalista – ha risposto, dall’altro lato, il vicedirettore generale della Rai Antonio Marano – permette di fare sistema. Non esiste solo lo sviluppo industriale, ma anche quello culturale. In questo momento la Rai si deve rifare la propia agenda e capire quale strategie adottare». La conclusione è che in questo momento più che mai la differenza la faccia il Sistema Paese, nel quale il comparto radio televisivo vuole entrare a pieno titolo.
Mimma Scigliano