INTERNET: UN POLIGONO DI TIRO DOVE IL CIBO SPAZZATURA VA A “CACCIA” DI VIDEOGIOCATORI

In termini di inclusività il mondo di Internet non c’è dubbio che sia straordinario. Accoglie tutti indiscriminatamente. Ed è per quello che è diventato un terreno di caccia per ogni genere di predatori. Fra questi, quelli meno percepiti come tali c’è chi intende vendere i propri prodotti, che di per sé non è certo un’azione negativa a priori. Anzi. Dipende solo e sempre da cosa si vende, da come lo si fa, ma soprattutto dalle conseguenze che questo comporta su chi acquista.

Internet inevitabilmente ha anche stimolato lo sviluppo di attività e professioni che non c’erano o avevano un mercato ristretto. In altre parole, da fonte d’informazione Internet è suo malgrado diventata anche un contenitore soprattutto commerciale i cui bassi costi hanno aperto opportunità di “contatto” straordinarie. Usando una metafora “odiosa” ma chiara, direi che è diventata un poligono di tiro dove ahimè non serve avere la licenza, basta “un’arma digitale” e una “buona mira”.

E a proposito di mira arriviamo quindi al tema oggetto di questo articolo. Fra le piattaforme digitali, nate per diventare “poligoni”, ce n’è una che contiene canali per diversi argomenti (arte,musica, sport, etc) fra cui anche i videogiochi che generano opportunità di creazione di comunità di utenti che interagiscono. Un contesto -il gioco- in cui questa piattaforma, nel 2021 in soli tre mesi ha raccolto “sei miliardi di ore di contenuti visualizzati”, raddoppiando il risultato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta di un dato reale e disponibile e non è necessario citare la piattaforma, che tanto gli addetti ai lavori che si nutrono di questi dati avranno già capito quale sia.

Il punto è che ricerche universitarie e analisi di istituti che si occupano di sanità pubblica e nutrizione, hanno analizzato come mai la pubblicità inserita in questi giochi sia molto aumentata inserendosi proprio come interruzione che porta il giocatore ad assistervi in attesa di riprendere la “competizione”. Fra le pieghe della ricerca hanno verificato che è molto presente la pubblicità di cibo spazzatura.

Come mai questi incrementi, proprio in quel contesto e con questa massiccia presenza di bibite zuccherate, snack dolci e salati… cioè di alimenti non proprio salutari?

Il perché sta molto probabilmente in una “ricerca privata” che deve aver individuato, prima delle università e dei ricercatori indipendenti, che gli individui che stanno a lungo davanti ai giochi sul web subiscono più facilmente l’impatto della pubblicità del cibo. I motivi di questa ricettività corrisponde probabilmente a debolezze e fragilità difficili da catalogare, ma facili da percepire se si osserva il mondo dei giovanissimi che sono anche i giocatori più accaniti (anche se c’è un nutrito numero di “adulti” attratti dai giochi e molto influenzabili dai messaggi pubblicitari). Esistono anche diversi strumenti di indagine che misurano la tendenza alla dipendenza da gioco e l’influenza della pubblicità sulle scelte di acquisto di “junk food”.  Tali strumenti hanno comunque consentito di rilevare una forte corrispondenza fra chi si immerge nei giochi e chi fra questi si lascia sedurre dalle pubblicità dei cibi non propriamente salutari (incluse le bevande caloriche e pseudo sportive). Vista con occhi necessariamente critici, questa è una situazione che non ho difficoltà a definire di irresponsabilità consapevole del mondo della pubblicità e dei suoi committenti, che definirei “mandanti”. Quando la pubblicità decide di mirare a spingere soprattutto i giovani a desiderare e acquistare cibo spazzatura, inserendosi colpevolmente laddove i giovani trovano motivo di distrazione (ma anche di estraniamento) si verifica una strana e malata condizione: la strategia è vincente sul piano commerciale, ma è distruttiva sul piano sociale, pedagogico e della salute. Una volta osservato questo non dovrebbe essere necessario aggiungere altro che queste nuove forme di pubblicità raffinate in modo particolarmente subdolo dovrebbero subire un forte monito ed essere interrotte.

Pietro Greppi

ethic advisor e fondatore di Scarp de’ tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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