PUBBLICITARI AMICI DEL GIAGUARO? SÌ MA CHI È IL GIAGUARO?
Non è per nulla chiaro, forse neppure a loro stessi, il ruolo che dovrebbero avere pubblicitari e comunicatori. Eppure sono persone che vivono in mezzo ai propri simili e che con i propri simili comunicano in due modi diversi: in presenza, nella vita di tutti i giorni e indirettamente, con il loro lavoro. Per come si comportano nella professione sembra però che i propri simili li vedano come entità cui rivolgersi come quando approcci un bambino ingenuo e disposto a giocare con chiunque glielo proponga. Se al pubblicitario “moderno”, quale che sia la sua posizione o notorietà, chiedi quale pensa sia la sua funzione, le sue risposte evidenziano la generale formazione omologata, sorretta da un credo tanto uniforme quanto fragile e artificiale: la marca, il mercato, il brand… sono alcuni dei termini evocati da tutti gli addetti ai lavori, famosi e non, strapagati o sfruttati che siano. Nelle risposte viene citato anche il consumatore, ma solo perché considerato necessario spettatore del loro lavoro. Senza un pubblico il pubblicitario non esiste e, nonostante questo, l’interesse del pubblicitario per il pubblico è oggettivamente scarso. Non si spiegherebbero altrimenti la qualità dei contenuti dell’advertising e la costante insistenza a costruire “narrazioni” imbarazzanti. Il comparto del cosiddetto ADV (lo scrivono sempre in maiuscolo forse per attribuirgli a priori una certa importanza), ha la netta la convinzione che il pubblicitario sia pagato dal committente per allestire spettacoli, più o meno brevi, destinati ad un pubblico che paga (ma non è detto) solo se lo spettacolo gli piace… comprando cioè quello che lo spettacolo gli ha presentato. Anch’io appartengo alla categoria dei pubblicitari/comunicatori, ma mi devo definire così solo per offrire un punto di riferimento a chi si chiede quale sia la mia professione. O almeno a quale sia più simile. Questa difficoltà a descrivere il mio ruolo esiste solo in quanto non ci sono definizioni condivise per identificare chi -come me- opera nella comunicazione commerciale concentrando però le proprie qualità umanistiche verso quella forma di etica che comunica senza strumentalizzare e tantomeno costruire ideali artificiali o illusionismi di comodo. Cose che capitano quando ritieni di dover raccontare le cose come stanno, senza inventare altro di estraneo a ciò di cui parli, solo per distrarre. Sarebbe ora che il comparto si aprisse senza ipocrisie alla critica e alla riflessione sul proprio ruolo e su quale questo sia davvero. Per esempio facendosi premiare dal pubblico e non dai propri colleghi. Prendendo poi a prestito la famosa frase “Amici del giaguaro” la prima cosa da fare sarebbe quella di capire chi sia questo giaguaro: le aziende paganti o i consumatori? I pubblicitari stanno proprio in mezzo al mercato e sono loro stessi dei “media” (si pronuncia come si scrive). Ma “chi sta in mezzo” può fare due cose: lavorare solo per una parte o concepire il proprio esserci come “mediatore”. Perché un mediatore cerca sempre di cogliere le esigenze di entrambe le parti con cui ha a che fare. Diciamo le cose come stanno: nel caso della pubblicità c’è un soggetto (l’azienda) che paga il mediatore (l’agenzia o il professionista) per arrivare all’altro soggetto (il consumatore) e questo secondo soggetto paga, se crede, il risultato della mediazione. Più precisamente il consumatore paga l’azienda acquistandone i prodotti per come gli sono stati presentati dal mediatore. Una sorta di “economia circolare” molto basica dove è il consumatore che dovrebbe essere rispettato. Fin qui l’osservazione del reale. Poi leggi un articolo in una testata del settore che riporta questa informazione: “Dentsu Creative nasce per guidare aziende e brand nella loro trasformazione grazie a quella che Levron definisce “Modern Creativity”. Un approccio, cioè, per cui le idee devono porsi l’obiettivo di creare cultura, cambiare la società e inventare il futuro (con un) esercito globale di circa 9.000 creativi in 46 mercati (che) lavoreranno in sinergia con i 37.000 esperti di media e CXM di Dentsu International, con un filo diretto di collaborazione con il team creativo di Dentsu Japan.” Il virgolettato è tratto da un comunicato stampa, ed è quindi una dichiarazione ufficiale. Parla chiaramente di un esercito costruito e addestrato per “creare cultura, cambiare la società e inventare il futuro”. Una descrizione che indica con precisione che il giaguaro -per chi governa quell’esercito- non è certo il consumatore, confermando il mio imbarazzo a definirmi pubblicitario.
Pietro Greppi
Consulente per l’etica in comunicazione – fondatore di Scarp de’ tenis
Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it