CHI AIUTA IL NON PROFIT A COMUNICARE … LO AIUTA?
Il non profit dovrebbe mettersi a dieta, perché insiste a nutrirsi di cose poco o per niente adatte alla sua costituzione. Azioni che non contribuiscono adeguatamente alla sua reputazione e alle sue progettualità spesso molto serie e impegnate. Al non profit servirebbero consulenti più attenti ai contenuti importanti, considerazione che dovrebbero essere in grado di fare direttori e presidenti delle associazioni, soprattutto quelli che tendono a pensare che i propri obiettivi siano condivisibili a priori senza troppi approfondimenti, che le raccolte fondi si fanno come le fanno tutti e quindi basta copiare, che i propri volontari siano efficaci in quanto tali e quindi basta che ci siano, che la loro utilità come ente rivolto ad un determinato disagio non possa avere un termine e che quindi sia normale procedere come se le cose di cui ci si occupa siano destinate a non cambiare … Queste e molte altre ingenuità o rigidità, portano moltissime associazioni, anche le più strutturate, a sprecare, si spera involontariamente, energie e denaro, spesso a causa di difetti di comunicazione, di pessimi consigli o di scelte di posizionamento errate. E quando questo accade, intervenire sarebbe anche più urgente di quanto lo sia in aziende profit perché, come si usa dire, “prevenire è meglio che curare”. Infatti uno spreco, un errore di posizionamento, uno scivolone, una mancata o scarsa raccolta fondi derivano spesso da errori evitabili e da problemi o difetti di comunicazione che in un’associazione procurano danni molto più gravi che altrove e difficili da riparare. I donatori e i sostenitori ci sono, ma sono giustamente diffidenti se non incontrano una trasparenza che non sia solo verbale. Chi si occupa della comunicazione delle associazioni dovrebbe saper tener conto di tutto questo, saper prevenire le obiezioni e impegnarsi a comunicare evitando inutili sensazionalismi e i cosiddetti “pugni nello stomaco” tipiche “soluzioni” di chi è cresciuto a pane e retorica pubblicitaria. È necessario avere competenze e sensibilità particolari, oltre alla capacità di comprendere l’inopportunità di certe scelte, soprattutto se l’associazione in questione si occupa di seguire temi delicati come quello della vita delle persone gravate da difficoltà di vario tipo e di varia natura. Un’associazione impegnata, per esempio, su questioni come la cura di malattie particolari, o di condizioni di indigenza, di soccorso … dovrebbe concentrare le energie che destina alla comunicazione per spiegare soprattutto il proprio lavoro e il perché tale impegno è importante sia per chi viene accudito, sia per la società civile che viene di fatto sollevata dal doversene occupare, che sono poi i temi fondanti e qualificanti l’azione delle organizzazioni non profit di questo tipo. E la raccolta fondi dovrebbe basarsi sulla sollecitazione a sostenere questi importanti impegni chiedendo sostegno a questi valori. È invece diventata un’abitudine comune a tutte le associazioni quella di organizzare cataloghi con oggetti di discutibile utilità che vengono proposti ai sostenitori, o potenziali tali, in cambio di determinati importi. Cataloghi per ogni genere di festività “comandate”, dal Natale alla Pasqua, dal matrimonio al battesimo. Scelte che annacquano la credibilità e il valore di chi le porta avanti. Che tipo di cura si può prescrivere per far guarire il settore del non profit da queste amenità che ne fanno scadere la credibilità della serietà di quanti vi operano? La questione è poi ancora più preoccupante se si pensa che molte associazioni si appoggiano ad agenzie esterne che, ancorché formate da professionisti, nei fatti sembra non riescano ad uscire dai cliché normalmente utilizzati dalle aziende profit per vendere i loro prodotti riproponendo anche al non profit le stesse precise dinamiche. Se i responsabili di queste organizzazioni si mettessero nelle condizioni di ascoltare e riflettere seriamente su questo punto credo potrebbero, per esempio rivolgersi ai sostenitori dicendogli “Ti serve davvero ricevere una nostra maglietta per sostenerci? Noi preferiremmo impegnarci a usare tutto il tuo sostegno per gli scopi dell’associazione. Facci sapere se sei d’accordo”.
Spero che qualcuno mi “rubi” questo suggerimento.
Pietro Greppi
ethical advisor e fondatore di Scarp de tenis
Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it