ONESTA, VERITIERA E CORRETTA … COS’È?
ONESTA, VERITIERA E CORRETTA … COS’È?
Se avete pensato alla pubblicità allora siete condizionati da quello che il settore della pubblicità cita come un mantra per offrire un profilo serio e consapevole del proprio comparto. “Onesta, veritiera e corretta”è una terna di aggettivi ideali e suggestivi,assemblati in buona fede per la pubblicità da parte di persone di una certa caratura, come fu il compianto dottor Roberto Cortopassi co-fondatore dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) di cui fu presidente per decenni. Ed è infatti nello IAP (iniziativa del comparto i cui primi vagiti si sentivano già nel 1937) che i tre aggettivi accompagnano la descrizione degli scopi di quel progetto che prese definitivamente corpo e forma il 12 maggio 1966 con la promulgazione del primo Codice di autodisciplina pubblicitaria promulgato dalle organizzazioni del settore. Ancora oggi infatti lo IAP si descrive come: “L’Istituto (…) [che] da oltre 50 anni fissa i parametri per una comunicazione commerciale “onesta, veritiera e corretta” a tutela dei consumatori e della leale concorrenza tra le imprese. Lo fa con un Codice di Autodisciplina a cui aderiscono i principali operatori del settore perché la diffusione di una buona comunicazione è interesse di tutti: delle aziende che richiedono il rispetto delle regole della concorrenza; dei cittadini-consumatori che rifiutano messaggi ingannevoli o offensivi; dei mezzii quali auspicano che i contenuti editoriali non vengano inquinati da messaggi non graditi al pubblico.” (estratto dal sito IAP nel punto: https://www.iap.it/iap-in-breve/). La terna di aggettivi viene sottolineata addirittura con il loro inserimento nel primo articolo di questo codice:“Art. 1 – Lealtà della comunicazione commerciale – La comunicazione commerciale deve essere onesta, veritiera e corretta. Essa deve evitare tutto ciò che possa screditarla.” Proviamo a osservare questa cosa con il pensiero laterale. Cosa può spingere un comparto, così influente sul piano commerciale, a prevedere un codice di comportamento così dettagliato da sottoporre come “regole di comportamento” agli operatori del settore, se non la consapevolezza che gli obiettivi della pubblicità si fondono sempre con quelli dei suoi committenti e che questi si possono riassumere nel costante, insistente e reiterato tentativo di far desiderare prodotti non sempre necessari, quando non addirittura pericolosi, e spesso anche di farli preferire a quelli di concorrenti dei committenti e in sostanza di poter influenzare le persone a compiere attività di consumo e di acquisto in modo meno responsabile e consapevole di quanto accadrebbe in assenza di pubblicità? Per quale motivo si ritiene necessario ricordare ai pubblicitari l’importanza di non approfittare della credulità di soggetti deboli, di evitare forme di sfruttamento della superstizione, etc … se non perché tramite gli strumenti diretti e indiretti della pubblicità, tra cui la ripetizione e l’ubiquità, si è consapevoli che un qualche effetto indesiderato e collaterale potrebbe verificarsi negli individui più deboli fra tutti quelli esposti alle lusinghe pubblicitarie e sottoposti a tecniche persuasive e contemporaneamente illusive? Per quale motivo l’elevata quantità di interventi dello IAP viene considerata un successo, ma al contempo non anche un segnale di forte deriva del comparto e quindi della qualità delle persone che lo popolano? Per quale motivo il settore della comunicazione si sta attrezzando per attivare, tra gli altri, specialisti in “neuro marketing” se non perché esiste la volontà, la possibilità e la consapevolezza di poter/voler agire forzando neurologicamente gli individui e quindi attivare strategie invasive capaci subdolamente di far agire una persona contro la sua piena e consapevole volontà? La comunicazione commerciale dovrebbe essere una cosa seria, onesta, veritiera e corretta. Dovrebbe servire a dire le cose come stanno. Il fondatore di un grande gruppo della comunicazione (grande per billing) affermava che la comunicazione dovrebbe essere “la verità ben detta”. È rimasta solo la frase. E lo stesso gruppo produce oggi, anch’esso, cose che a mio parere sono inguardabili. Evidentemente dire le cose per come stanno non è così facile come sembra. Più facile ricorre a giochini o, peggio, a costruire mondi e personalità artificiali. Giusto per fatturare. Meglio allora gli illusionisti che almeno te lo dicono subito che c’è il trucco.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis
Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it