Ripartire al femminile
Con questo articolo di Roberta Coralluzzo, prosegue “Ripartire al femminile”, serie di riflessioni dedicata all’approfondimento del dopo emergenza dal punto di vista delle donne. Ovvero quelle che, secondo molti, sono le grandi dimenticate dell’emergenza Covid, che in realtà le ha viste protagoniste assolute sul lavoro e sul fronte domestico.
Roberta Coralluzzo, freelance web e graphic designer, Salerno, Campania
Sono trascorse poche settimane dal mese di gennaio: qual era la nostra vita prima della pandemia? Vivevamo bene? Ci crogiolavamo nel benessere o stringevamo già le cinghie del risparmio, del sacrificio imposto dalle tasse, mentre le nostre pratiche giacevano immerse in una burocrazia lenta e artificiosa? Sembrava, riflettevo, che persino le leggi rispondessero ai bisogni di una fetta di gente fornita di linea internet (il 76,1%, nel 2019, dai dati Istat), nonostante i ritmi vitali fossero gli stessi di sempre: alzarsi presto, preparare da mangiare, ricordarsi di comprare il pane, pagare l’assicurazione dell’auto, correre in ufficio e affrontare il traffico, gestire la comunicazione, la scuola, le tasse, la fatica… La sostenibilità ambientale sembrava un capriccio legato a personaggi popolari, più che una necessità.
Con la chiusura, delle attività, alcune aziende sono risultate in ritardo rispetto alla digitalizzazione e, di conseguenza, non hanno potuto sfruttare una risorsa fondamentale qual è la rete.
Per altre professionalità invece, come noi freelance abituati al lavoro da remoto, è bastato abbandonare parzialmente la ricerca di clienti locali e dedicarci alle richieste provenienti dai motori di ricerca o i social. L’Italia intera si è ritrovata nel sacrificio inneggiando a slogan, eroi, buoni sentimenti, miracoli quotidiani e popolarità effimera, mentre alcuni riflettevano sulle future, drammatiche, ricadute economiche. Lo avevamo già vissuto, e dimenticato.
Dal mio punto di vista la limitazione imposta ha prodotto, positivamente, un freno all’accelerazione del progresso digitale e una conseguente possibilità, insperata, per i professionisti che mal riuscivano a emergere rispetto alle voci in alta frequenza dei leader virali. Correvamo troppo, forse, mentre alcuni lavoratori restavano indietro: figure lasciate in ombra persino se fondamentali per il benessere collettivo. E il nostro compito, per instaurare una corretta emancipazione sociale ed economica, è di azzardare agli sguardi alternativi che la vita stessa ci offre: restare pronti all’ascolto, la visione, l’innovazione, evitando la trappola del compatimento e il rimbrotto costante.
Dobbiamo imparare a restare fermi sulle posizioni prese, ma flessibili; sognatori e pragmatici, pronti alle sfide. Un esempio di amministrazione resiliente è visibile nelle abitudini educative che ereditiamo noi donne italiane: disciplina e pazienza, disparate competenze, empatia, emotività.
Certo, il presente ci pone davanti all’incertezza verso le risorse disponibili, e può diventare un modello di vita costante, ma possiamo trarre ispirazione dalla nostra stessa storia di colonizzazione e resistenza. Attingiamo, quindi, dal passato per imparare la lezione in cui tuteliamo il nostro lavoro, pur prevedendo un Piano B.
Roberta Coralluzzo