Anica, presentato il primo rapporto sull’industria italiana dell’audiovisivo

Ieri a Roma è stato presentato il primo rapporto dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali sull’industria italiana del “Cinema e audiovisivo: l’impatto per l’occupazione e la crescita in Italia”. Il lavoro condotto dal Centro Studi di Confindustria racconta in numeri l’industria dell’audiovisivo nel suo complesso, il valore economico e i posti di lavoro generati direttamente e indirettamente, in numerose filiere connesse, da cui emerge come il cinema, l’audiovisivo, la tv siano un comparto integrato e una risorsa indispensabile per il Paese. La ricerca rappresenta la prima descrizione del settore attraverso indicatori che lo rendono comparabile con gli altri settori produttivi italiani e nel quadro della competizione internazionale. Indicatori che dimostrano quanto sia radicato sul territorio e come generi nuovo valore attivando ulteriore produzione in altre filiere. Ogni euro di domanda aggiuntiva di servizi e prodotti audiovisivi, infatti, attiva un effetto moltiplicatore pari a 1,98 euro, ripartito diffusamente a vantaggio di tutta l’economia nazionale. Il moltiplicatore di valore del cinema e dell’audiovisivo è, dopo il settore delle costruzioni, il più alto fra tutte le attività economiche, grazie alle intense relazioni di filiera e alla bassa propensione all’importazione. Un settore composto da quasi 8500 imprese con una dimensione media di 4,5 addetti – pari alla media europea. Nelle imprese italiane di audiovisivo e broadcasting si conta un totale di 61mila posti di lavoro diretti (dipendenti o assimilabili). Nelle filiere connesse ne sono attivati quasi il doppio, circa 112mila. Nel rapporto si mette in evidenza, inoltre, come il comparto dell’audiovisivo attivi lavoro giovane e femminile più della media nazionale (39% di donne vs la media del 36%), oltre che sottolinearne la forte componente di competenze specialistiche, artistiche e tecniche. La produttività del lavoro, in termini di valore aggiunto per addetto, è molto elevata in Italia e risulta terza in Europa dopo Belgio e Germania e prima di Regno Unito, Spagna e Paesi Scandinavi. Nella classifica mondiale dell’Audiovisivo, l’Italia – malgrado l’andamento abbia risentito della doppia crisi economica dell’ultimo decennio, pur difendendosi meglio dell’industria manifatturiera – si trova tra i primi dieci Paesi del mondo. L’export dei prodotti audiovisivi italiani registra una dimensione importante, pari a 890 milioni di euro, molto superiore al valore dell’import infra-settoriale, pari a 120 milioni. Viene poi evidenziato come l’avvento della rivoluzione digitale abbia portato a livello globale cambiamenti profondi e strategici che vanno colti e interpretati affinché un settore produttivamente così fertile non rischi la marginalizzazione o si trasformi in un creatore di talenti e competenze attratti altrove. I numeri dicono che questa dinamica si tradurrebbe in ricadute negative anche sul resto dell’economia.

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