CONDIVIDI ET ÌMPERA.

Pietro Greppi

Molti mi chiedono esempi di approcci etici alla comunicazione. Positivo, rincuorante ed interessante che ci sia questa curiosità. Ecco allora un esempio – fra i tanti – che origina da un semplice pensiero laterale. Possiamo dire, semplificando molto, che il mestiere del pubblicitario porta gli addetti ai lavori ad usare la retorica e la “forza” della ripetizione, come strumenti di persuasione. Anche “la retorica classica (quella di Aristotele e dei sofisti)  usava la strategia del ricorso alle emozioni per attirare l’attenzione dei destinatari e convincerli di una determinata tesi”(wikipedia). Tenetevi stretti.

La tesi da comunicare oggi è quella della CONDIVISIONE. Un cambio di paradigma che interviene suggerendo un nuovo e letteralmente rivoluzionario approccio al consumo per far fonte alla carenza di risorse e al mortificante senso di inadeguatezza prodotto dagli attuali modelli essi stessi inadeguati alla situazione.

In un periodo di evidente crisi generale (la cui origine è tutta da scoprire) è ovvio che cali la domanda. Ma se le capacità dei comunicatori sono davvero prestate alle necessità delle aziende, questa è l’occasione per dar fondo alle qualità analitiche del pensiero che produce innovazione nelle politiche industriali e in quelle del mondo della comunicazione.

È poco produttivo e autolesionista accanirsi oggi nello spingere all’acquisto di cose destinate ad un uso occasionale o proposte in dosi esagerate.  Condivisione è la parola magica che cambia i soliti paradigmi in risposta alla carenza di risorse. La Condivisione era un fatto normale quando non si aveva nulla e si era consapevoli e accomunati dall’idea che “o insieme o niente”. Certo non sarà facile correggere una cultura formatasi negli anni del boom economico che però va ricordato si è formata dovendo ripartire da zero o da poco. Oggi c’è oggettivamente troppo e mal distribuito. Spingere quindi ad un acquisto condiviso di oggetti, con lo stesso impegno persuasivo usato per il modello di consumo visto fino ad ora, è un modo per consentire sia alle aziende che alle persone di continuare a far girare il Paese facendo (ri)scoprire anche nuove forme di relazione fra persone e cose.Anche questa è un’evoluzione etica del pensiero commerciale.

Per le aziende significherebbe vendere ugualmente, ma a clienti diversi come gli utilizzatori in comune. Significherebbe anche disporre di maggiori opportunità e stimoli per rivedere la produzione di beni, ma anche di produrre la positiva conseguenza sociale di avere meno persone mortificate da quel sistema monoculare che le vorrebbe sempre e solo proprietarie uniche di ogni cosa. Ci sarebbero persone nuove e inattese che continuerebbero a comprare con questa nuova logica soprattutto se l’azienda e l’agenzia sapessero in concordia ricostruire il genere di spinta, attenzione e  sensibilità che si svilupperebbe in questa direzione. Fuori dall’Italia succede già e, capiamoci, anche nel nostro Paese è presente un orientamento verso l’idea di condivisione, auto-generatosi dalla situazione contingente.

Ma pensateci bene, si tratta solo di avere una visione diversa. Gli aerei di linea, i treni, gli autobus, le biblioteche non sono forse l’applicazione di un uso condiviso? Aziende e agenzie possono entrare attivamente nella logica del vendere una forma di sobrietà ormai necessaria e già fortemente sentita. Affinché questo “modello” si affermi con decisione serve una costante e articolata comunicazione che lo promuova come scelta virtuosa, premiante, premiata e da seguire. Una comunicazione capace di ammorbidire il disagio e la durezza di molte situazioni. Condividere oggetti e alimenti fa parte di una nuova (ma anche antica) cultura che comunque arriverà. Le persone, compresse da modelli inarrivabili, attendono solo di vedere che questa alternativa sia “accettata” e promossa da un sistema che, così com’è stato costruito, non essendo di natura divina, oggettivamente può anche essere sottoposto dal sistema stesso a revisione e ristrutturazione. Con buona pace di tutti coloro che parlano solo di crescita in modo astruso, irresponsabile e francamente idiota. Prendere coscienza che crescere all’infinito non è materialmente possibile e imparare a condividere fa risparmiare risorse e fa guadagnare tutti. Tranne gli egoisti e gli ingordi.

Pietro Greppi

ethical advisor e fondatore di Scarp de tenis

Per entrare in contatto con l’autore: info@ad-just.it

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