Bruno Bertelli: «La crisi penalizzerà gli spot italiani»
Altro step di avvicinamento al prossimo Cannes Festival: a rispondere alle nostre domande è il giurato alla categoria Film, il direttore creativo esecutivo di Publicis Italia, Bruno Bertelli, con il quale abbiamo ragionato sulle conseguenze della crisi economica che attanaglia l’Italia e che, da qualche parte, lascia feriti sul campo della creatività. Infatti, mentre si ritiene che i progetti unconventional, digital, quelli che si basano su un approccio direct ed esperienziale, paradossalmente potrebbero beneficiare di questa “austerity”, nel senso che la riduzione dei budget potrebbe diventare un’opportunità per stimolare l’innovazione e le idee, lo stesso non si può dire per gli spot. Quello dei commercial infatti è un campo minato, dove l’impalcatura produttiva spesso necessita di grandi investimenti per raggiungere l’eccellenza. Per lo meno è quello che pensa Bruno Bertelli: «Nella mia giuria sarà più difficile difendere i lavori italiani perché, a differenza di altre sezioni, nell’ambito dei commercial conta molto l’entità del budget investito. Tra i lavori che quest’anno potrebbero accreditarsi i migliori Leoni spiccano, a mio parere, lo spot svedese Volvo Trucks con Jean Claude Van Damme, il francese “The big leap” di Lacoste, e due produzioni americane: Old Spice Mom e Apple iPhone Christmas. Chiaramente non basta avere un’ottima produzione, è necessaria un’idea originale perché ad esempio lo spot Nike di quest’anno con Cristiano Ronaldo e altri noti calciatori, pur essendo ben realizzato è qualcosa di già visto, ritengo che sia poco innovativo». E i candidati italiani a salire sul palco della Croisette? Non mancano produzioni di alta qualità secondo Bertelli, tra cui “Don’t drive and drink” di Camomilla Sogni d’Oro, realizzato da DLV BBDO con regia di Igor Borghi e produzione Filmgood. In riferimento all’evoluzione che sta attraversando la industry italiana, dove i centri media e le concessionarie fanno incursioni nel campo della creatività, un tempo esclusivo appannaggio delle agenzie pubblicitarie, Bertelli afferma: «Ritengo che bisogna imparare a collaborare con le altre strutture, perché l’idea può stare nel mezzo e in più luoghi. Resta il fatto che l’agenzia ha una specificità che mai potrà essere eguagliata, ovvero conosce profondamente il brand e soprattutto il suo “tono di voce”, lo stile comunicativo, il modo in cui l’azienda parla. Se questo cambia, il consumatore non la riconosce più».
Vanna Assumma