Buon Natale
Ho molto apprezzato l’intervento di Bruno Zerbini apparso venerdi su questa testata nel contesto della rubrica “Time out”. Ne condivido totalmente l’assunto, anche se mi lascia perplesso la conclusione: “… se il futuro vedesse i diretti interessati impegnati a colmare il gap d’immagine che li separa da tutti gli altri soggetti che esercitano attività intellettuali, potremmo dire di essere finalmente usciti a riveder le stelle”.
Da intellettuale qual è, Bruno, votandosi ad un sorprendente ottimismo – ma in fondo, a Natale è quasi obbligatorio – esprime l’auspicio che i cosiddetti “creativi” volgano il loro impegno a colmare un gap d’immagine. Ma, mi chiedo, si tratta di gap d’immagine o di gap tout court? I creativi di casa nostra, fatte le debite eccezioni, rientrano nel novero di coloro che a buon diritto possono definirsi intellettuali, tenuto conto che tale termine, laddove venga utilizzato come sostantivo, fa riferimento a “coloro che si dedicano agli studi, che hanno spiccati interessi culturali, che esercitano un’attività intellettuale o artistica” (Treccani)?
Al cospetto dei troppi copywriters nostrani che ingaggiano quotidiane battaglie con la consecutio temporum e che vivono un rapporto travagliato con il congiuntivo, e di art fermamente convinti che Edward Hopper sia l’interprete di Easy rider o che Giorgione sia (solo) il conduttore di una fortunata rubrica di cucina campagnola su Gambero Rosso TV, è lecito nutrire dei dubbi.
Ma, in fondo, Bruno fa bene a votarsi ad po’ di buonismo natalizio, al quale volentieri mi associo mettendo al bando per una volta i “pensieri cattivi” e ricordando i pochi versi che Giuseppe Ungaretti ha dedicato al Natale:
“Non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo di strade,
Ho tanta stanchezza sulle spalle.
Lasciatemi così, come una cosa posata in un angolo e dimenticata.
Qui non si sente altro che il caldo buono:
Sto con le quattro capriole di fumo del focolare”.
Lorenzo Strona
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