Il mitico Cuccureddu
Proseguendo nel sostenere che i nostri ‘young lions’ devono essere esperti di tutto, oggi come oggi non sono più esperti di niente: il copy junior non scrive più come un dio, e il suo socio non conosce il fine mestiere del disegno.
Il peggio è che i nostri giovinotti, di tutto questo, non se ne rendono conto, o semplicemente se ne fottono.
I primi sono sprovvisti dello strumento principe del vero copy e cioè un eloquio strepitoso, quello che dovrebbe convincere un eschimese che spendere soldi per un frigorifero è molto molto conveniente. Eppure il loro compito lo richiede ogni giorno, in ogni riunione, su ogni progetto, con ogni cliente.
I secondi non sono nelle condizioni di mettere insieme su di un misero foglio tre linee dico tre con gusto e senso estetico. Sono incredibilmente privi dell’estro e del gesto. Per gesto intendo quello del pittore che, in pochi secondi e non in tre ore, esprime quello che tutti vogliono vedere proprio in quel momento.
Sì è vero, conoscono il web come Steve Jobs, però poi ci vuole un povero cristo che butti giù un documento decente, con concetti forti, semplici e coerenti, espressi in modo intelligente, divertente, convincente.
Sedurre e stupire leggendo il testo di uno spot per uno scopettone del cesso, oppure per il liquido verdognolo con cui i nonni puliscono le loro consunte, putride dentiere, oppure per quegli orribili colluttori al gusto di topo morto e decomposto. Il bordello è tutto qui.
Sedurre e stupire mentre si propone il più ortodosso, scemo, noioso, ennesimo, stucchevole product shot, rendendolo unico, inedito, stupendo e irripetibile. Il bordello è tutto qui, tutto qui.
Sì è vero, conoscono ogni segreto di html, però poi non conoscono Edwige Fenech, Licio Gelli e Sergio Corbucci, i New Trolls, Wim Wenders e i Rolling Stones, John Belushi, John Holmes e Otorino Respighi. Che ci mettono, dico io, dentro html? Come si divertono? Come possono sentire un minimo di emozione se non conoscono il mitico Cuccureddu, roccioso difensore juventino? Boh. Mistero irrisolvibile.
Per questo è urgente, io credo, riprendere quei vecchi utili esercizi, come quello che io stesso ho testé eseguito. Ho scritto un testo non troppo corto (se il testo è corto il lettore lo legge mentre siede sul w.c.), non troppo lungo (se il testo è lungo il lettore si rompe presto i coglioni) e con un senso compiuto. Condivisibile o meno, bello o brutto, divertente o tediosissimo, il punto non è questo. Il punto è che nel testo che ho scritto non ci sono “a”.