Lei non sa chi sono io
Scrivo queste poche righe il giorno prima che inizino i lavori del convegno “Comunicare domani”, promosso da Assocom come introduzione all’assemblea annuale dei propri soci.
Ciò significa che chi mi sta leggendo avrà già avuto modo di conoscere e di valutare le ricette per uscire dalla crisi, proposte dai relatori coinvolti per l’occasione dalla più importante associazione italiana delle imprese di comunicazione.
In questo momento, non avendo facoltà divinatorie, posso solo fare alcune considerazioni ispirate dalla lettura del programma proposto dagli organizzatori: “Vedremo i dati di investimento e le proiezioni, discuteremo di modi di fare business con la comunicazione, daremo spunti su quella che potrebbe essere l’agenzia di domani”(sic).
La prima considerazione riguarda l’approccio complessivo ad un problema che non può essere affrontato solamente dal punto di vista del business. Dovrebbe essere chiaro a tutti che la crisi del comparto è soprattutto una crisi di sistema.
Le imprese di comunicazione, escluse le multinazionali, sono in debito di ossigeno per non avere mai saputo (o voluto) affrontare una questione fondamentale come quella della definizione di una propria, specifica, identità culturale.
La seconda considerazione, strettamente collegata alla prima, ha come oggetto il ruolo gregario che fino ad oggi le agenzie hanno scelto di interpretare. Questa scelta, comoda perché deresponsabilizzante, ha impedito loro di affermarsi, in modo non opinabile, quale soggetto attivo nella composita filiera del marketing. Il risultato è sconfortante.
Potere contrattuale dell’agenzia nessuno; possibilità di competere sulla base del merito neanche a parlarne; interesse a promuovere la formazione e la valorizzazione di nuove generazioni di talenti tecnici e creativi inesistente.
Non so quale potrà essere l’agenzia che nascerà domani grazie agli spunti scaturiti dal convegno di Assocom, mi auguro che sia migliore di quella di oggi, più consapevole del suo ruolo etico e professionale e meno disponibile alle mediazioni e ai compromessi.
Spero soprattutto che i pubblicitari del futuro non debbano più essere protagonisti di episodi come quello capitato a me qualche tempo fa nello studio di un notaio. Il compunto professionista stava dettando alla sua assistente i dati che leggeva sulla mia carta d’identità: cognome, nome, data e luogo di nascita, residenza, stato civile.
Giunto alla voce “Professione Pubblicitario” il notaio alzò gli occhi dal documento e mi chiese: “Ma lei, esattamente, che lavoro fa?”. Colto di sorpresa tentai di spiegarglielo in modo chiaro e comprensibile, ma evidentemente non ci riuscii.
Lo compresi dal fatto che il vecchio marpione assunse un’espressione maliziosa e disse: ”Lasci stare, non ha importanza”.
Bruno Zerbini
brunozerbini23@gmail.com