Montblanc, il lusso comunica sul web
Ha conquistato tutti i premi che erano sul piatto degli innumerevoli festival in giro per il mondo e per il nutritissimo palmares di “The Beauty of a Second” non è ancora finita. «Il segreto del successo della piattaforma di engagement di Montblanc – spiega Riccardo Robiglio, executive creative director di Leo Burnett – è stato quello di far sentire le persone “prese sul serio”.
Ovvero ogni partecipante si è sentito un filmmaker che veniva giudicato da un regista del calibro di Wim Wenders. Il progetto è diventato una sorta di social network di alto livello e l’idea di descrivere in un secondo ciò che dà felicità è stato, per gli utenti web, un gancio formidabile». Ma la scommessa che l’agenzia ha dovuto affrontare è stata la dicotomia che caratterizza il rapporto fra mondo del lusso e web.
«La difficoltà più grande – continua Robiglio – che i marchi del lusso devono superare è il tipo di rapporto che possono istaurare con la Rete. Infatti il concetto di “lusso” è intrinsecamente legato a quelli di “unicità”, “esclusività” e “nicchia” mentre Internet è un territorio senza confini dove tutti possono accedere a qualsiasi tipo di contenuto.
Come sposare queste due realtà in netto contrasto fra loro? La risposta cambia da brand a brand ma tutti stanno affrontando la questione anche se in maniera molto più cauta di quanto sia avvenuto in altri settori».
In particolare Montblanc, quando ha deciso di aprirsi al mondo web, ha dovuto fare i conti con l’immagine che il grande pubblico aveva del brand. Infatti se i frequentatori del mondo del lusso e gli acquirenti storici di Montblanc conoscono la varietà della produzione della maison tedesca che spazia dagli occhiali ai profumi, dagli orologi ai gioielli il grande pubblico identifica il marchio unicamente come produttore di strumenti di scrittura di alto livello.
Così nella determinazione delle azioni di marketing e promozione che avrebbero dovuto avvicinare Montblanc a un pubblico più ampio e più giovane, i creativi si sono appellati anche alla matrice culturale che caratterizza tutta l’ attività dell’azienda.
Montblanc infatti non si limita solo a dedicare delle special e limited edition ai grandi nomi di ieri e di oggi (le penne dedicate a Grace Kelly, John Lennon, Pablo Picasso, Alfred Hitchcock, Carlo Collodi, etc.) ma da sempre è attiva nella promozione dell’arte e della cultura a fianco delle istituzioni.
Attraverso progetti quali il Montblanc de la Culture Arts Patronage Award a sostegno dei moderni mecenati delle arti, lo Young Directors Project al festival di Salisburgo per i talenti emergenti nel teatro e Signature for Good l’iniziativa in collaborazione con Unicef che finanzia i programmi di scolarizzazione infantile.
Ma anche patrocinando l’orchestra filarmonica “Philharmonia of the Nations” o sponsorizzando la kermesse teatrale 24-Hours Plays di Broadway, mentre con il progetto Montblanc Young Artist Patronage più di 330 boutique che l’azienda ha in tutto il mondo, si trasformano in temporanee gallerie d’arte dove espongono artisti emergenti.
«Abbiamo scelto Wenders – ribadisce Robiglio – perché è un regista culturalmente e socialmente impegnato che ha fatto da garante dell’elevato contenuto artistico dell’iniziativa. Altra sfida è stata quella di avvicinare i giovani a un marchio come Montblanc.
Abbiamo così creato una sorta di social network che è riuscito ad attrarre sia gli habitué del mondo del lusso ma anche persone con un potere di spesa più contenuto. Inoltre, dai profili degli utenti che sono entrati nel sito montblanconesecond.com, abbiamo scoperto che la maggior parte degli accessi (che sono stati diversi milioni ndr) è stato effettuato da persone con età inferiore ai 30 anni. Ed è proprio a un giovanissimo ragazzo tedesco Jan Herms che è andato il premio per il miglior video da un secondo».
Alessandra Iannello