Midnight in Cannes
Attraverso il boulevard de la Croisette all’altezza del Carlton e procedo in direzione del “Palais”. La brezza marina diffonde oltre i tendoni del bar-ristorante le voci di un coro poliglotta mixate con un brano di musica brasiliana.
Deve trattarsi di uno dei tanti party che si organizzano sulla spiaggia di Cannes nei giorni del Festival della Pubblicità. “Hey Bruno, come on down!” A chiamarmi è un gigante con il cranio luccicante, in smoking nero e camicia havajana.
Si chiama Jerry Della Femina, mi viene incontro sbracciandosi e mi spinge verso un gruppo di persone annunciando la mia presenza con un’enfasi imbarazzante. Disagio che cresce a causa dei miei bluejeans scoloriti e della t-shirt dell’88 col disegno della testa di leone simbolo del festival.
Ma dato che nessuno dei presenti sembra badare al mio look casuale mi guardo attorno e, tra tanti volti anonimi, riconosco i tratti aristocratici di David Ogilvy e l’inconfondibile profilo da capo contabile a tutti noto col nome di Leo Burnett.
Jerry è rimasto lo stesso “madman” di sempre, l’estroverso copywriter, figlio di immigrati italiani, diventato un guru dell’advertising USA dopo aver venduto giornali per le strade di Brooklyn.
Quando lo incontrai per la prima volta era già famoso e mi stupì la sua disponibilità a spendere del tempo a parlare con me chiamandomi “collega”. Sosteneva che noi italiani saremmo diventati grandi professionisti della pubblicità.
Basta guardarsi intorno, diceva. Il vostro background culturale è unico al mondo. Il teatro, il cinema, la letteratura, la pittura, la musica e tutto quello che si intende per creatività voi ce l’avete nel DNA. “Believe me, this is more than enough to become the best in the world!”, concludeva battendomi entusiastiche pacche sulla schiena.
Bevo un sorso di champagne sgasato e, prima che Jerry mi chieda come vanno le cose, lo informo che le sue previsioni sul radioso destino riservato ai creativi italiani purtroppo non si sono avverate.
“Il livello più alto della creatività made in Italy è stato raggiunto facendo il copia e incolla delle idee sbirciate nelle case histories degli inglesi”, insinua malignamente David. “La colpa è dei loro clienti incolti e conformisti, dei media incompetenti e degli AD delle agenzie multinazionali disposti a calunniare e licenziare anche i bravi professionisti pur di difendere le loro poltrone”, dice Leo con l’aria di chi la sa lunga. “Bruno, mannaggia a te.
Your country isn’t land for lions!, urla Jerry levando la sua manona minacciosa verso di me. Ma non mi colpisce. La luce che entra dalla finestra dissolve il terzetto e tutta l’altra gente che affollava il bar-ristorante sulla spiaggia del Carlton. Apro gli occhi e decido che a giugno non andrò a Cannes per il Festival. Giusto per evitare incontri imbarazzanti.
Bruno Zerbini
brunozerbini23@gmail.com