Quello che non abbiamo

Mentre scrivo non abbiamo un capo di Assocom. Anzi, sembra che non abbiamo
proprio Assocom.

Per coincidenza non abbiamo un presidente della repubblica e non abbiamo un governo post-elettorale. Naturalmente continuiamo a non avere un regolamento per le gare che obblighi le parti a una qualche prassi.

Negli altri Paesi civili esiste, ma in quei Paesi esiste anche la legge sul conflitto di interessi che noi non abbiamo. Poco male, tanto non abbiamo quasi più’ gare, e quasi più’ interessi. Non abbiamo più’ grandi investimenti, grandi produzioni, grandi lanci.

Non abbiamo un presidente di giuria a Cannes. Non abbiamo aziende consapevoli di una verita’ ormai conclamata anche nel Burkina Faso: la creativita’ e’ la benzina del successo di un brand, se non ne hai ti fermi.

Non abbiamo condottieri che rischiano, che creano, che crescono. Non abbiamo magazine
al top, designer al top, metropoli al top, eventi al top, top model al top.

Non abbiamo più’ neppure il salone del mobile che e’ diventato un tristerrimo e provinciale happy hour dove ti vendono anche le pentole. E poi, non abbiamo più’ vengo anch’io no tu no ma perche’? perche’ no, che era un capolavoro di copywriting.

Non abbiamo tutto il resto e’ noia e non ho detto gioia, e questo era il califfato del copywriting. Non abbiamo, mi viene da piangere a pensarlo figuratevi a scriverlo, un campionato di calcio appena decente e infatti non abbiamo una squadra in corsa per qualche coppa internazionale. Zero, nada, rien, nothing, nisba. Non abbiamo più’ nulla.

E questa, diciamolo, e’ una gran botta di culo che non capita a tutti. Voglio dire, siamo almente a terra che non possiamo far altro che alzarci.

 Una splendida canzone di Giorgio Gaber termina con queste parole di pura verita’: ‘…Un uomo senza niente e’ più’ leggero’. Ora che ci penso non abbiamo più’ neanche Giorgio Gaber.

Riccardo Robiglio

riccardo.robiglio@leoburnett.it